Dopo l’Arte di Ascoltare e la Capacità di Rallentare, proseguiamo il Percorso di Consapevolezza del mese di Novembre.
Tema centrale di questa terza tappa è: Sentirsi radicati.
Paura, tristezza, ansia e altre emozioni pesanti sommergono tante persone in un mondo dove sembra prevalere il caos.
Se non possiamo cambiare ciò che accade all’esterno di noi, siamo in grado però di modificare le nostre reazioni agli eventi. Siamo talmente distratti da impegni e condizionamenti che ci dimentichiamo della capacità insita in ognuno di noi di risvegliare la nostra forza interiore.
Per affrontare le sfide che la vita ci pone davanti è importante sentirsi radicati e centrati.
La pratica meditativa ci può sostenere in questo, poiché ci aiuta a liberare la mente e a rendere i pensieri disturbanti più fluidi e limpidi.
Nei nostri corsi – oltre a momenti contemplativi e di presenza mentale – proponiamo pratiche che aiutano ad affinare il processo di radicamento.
Quando sviluppiamo radici ben salde possiamo venire turbati da forti folate di vento o da scossoni, ma la nostra stabilità interiore non potrà essere intaccata.
È importante familiarizzarci sia con i nostri limiti, sia con le nostre capacità e potenzialità. È importante anche rammentare che i momenti di fragilità fanno anch’essi parte di noi. Non siamo supereroi e grazie al fatto che ci sentiamo radicati possiamo comprendere quando è il momento di prendere una pausa.
Radicarsi significa anche regalarsi del tempo per sé, per vivere momenti di calma, in modo da ritrovare la giusta centratura che ci porta a sostenere impegni e responsabilità.
Sentirsi radicati ci permette di ricordare come le emozioni siano transitorie, impermanenti. È per questo che non è necessario aggrapparsi ad esse. La meditazione e le pratiche di radicamento ci aiutano a non rimanere succubi delle fluttuazioni emotive.
Tra le pratiche che vi consigliamo, oltre alla meditazione sul respiro (Anapanasati) e al body scan, segnaliamo due posizioni dello yoga (asana) che lavorano proprio sul processo di radicamento:
Tadāsana (la posizione della montagna) e Vrksasana (la posizione dell’albero).
Tadāsana
Pratica: si esegue rimanendo in posizione eretta.
I piedi sono ben appoggiati a terra, paralleli e allineati alle anche. Distribuite il peso su entrambi i piedi, sfruttando tutta la pianta: non caricate troppo né sui talloni, né sulle punte. Le spalle sono rilassate. Le braccia sono morbidamente allungate lungo i fianchi. Per facilitare la postura immaginate un filo che dai piedi sale fino alla sommità della testa.
Potete portare i palmi delle mani in Anjali Mudra (uniti all’altezza del petto).
La respirazione è naturale, senza sforzo.
Vrksasana
Pratica: posizione di partenza Tadāsana. Rilassa tutto il tuo corpo finché lo sentirai morbido e abbandonato. A occhi aperti solleva il piede destro, afferralo con la mano corrispondente e appoggialo all’interno della coscia sinistra nel punto più alto possibile. Resta in equilibrio sul piede sinistro con il corpo diritto ma non rigido. Resta morbido e asseconda le oscillazioni del tuo corpo. Puoi tenere le braccia aperte all’altezza delle spalle, oppure puoi tenere le mani giunte a preghiera davanti al torace o sopra la testa.
Cerca di mantenere lo sguardo fisso in un punto, se riesci a non muovere gli occhi ti sarà più facile restare in equilibrio.
Per approfondire l’esecuzione di queste asana consiglio la lettura del libro “Mindfulness Immaginale”, dove sono spiegate varie posture yoga, esercizi di meditazione e risveglio. Si tratta di pratiche, dette anche “corpi di pratiche” (body practices) considerate i sentieri d’aiuto della Mindfulness Immaginale.
Silvia C. Turrin
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