“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”.
Una frase del Mahatma Gandhi, tra le più note e più estrapolate, ma anche tra le meno attuate nella realtà.
In un’epoca dominata dai social, dalla realtà virtuale, dall’intelligenza artificiale e dal metaverso, questioni fondamentali per l’umanità rimangono ancora senza risposte e soluzioni.
Guerre, violenze e odio sono all’ordine del giorno nei notiziari.
Per utilizzare un’immagine tipica dell’Induismo, possiamo dire che l’umanità è immersa nel Kali Yuga, espressione che indica proprio un’era oscura. Gli “yuga” sono, per l’Induismo, le ere in cui viene suddivisa l’evoluzione della storia umana e del pianeta.
Nel Kali Yuga il grado di onestà è a un livello molto basso, mentre le conoscenze antiche vengono sempre più dimenticate. Dominano il male, le ingiustizie, la rabbia, la paura, la disperazione.
Se però osserviamo e analizziamo tutte le distorsioni di questo mondo, rischiamo di sprofondare nello sconforto e in un senso di impotenza.
Se invece abbracciamo e facciamo nostra la frase di Gandhi ““Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, allora, tutto assume una prospettiva diversa.
Capiamo che non occorre aspettare qualcosa o qualcuno per compiere piccoli passi che – sommati a quelli di altre persone – possono tracciare il sentiero del vero cambiamento.
Per cambiare un mondo in cui emergono ancora guerre, odio, soprusi, occorre partire da ognuno di noi.
Bisogna comprendere l’origine della nostra e dell’altrui collera.
Viviamo in una società del benessere, ma dominata da un eccessivo materialismo.
Abbiamo tutto – smartphone, auto veloci, cibo, vestiti, un riparo dove dormire e molto di più – eppure l’insoddisfazione appare cronica.
Non siamo contenti, cioè non ci accontentiamo di ciò che siamo e abbiamo.
Materialismo non fa rima né con felicità, né con serenità.
Per essere felici non serve correre e vivere con un ritmo frenetico per guadagnare e possedere sempre più oggetti.